“Change is neither good nor bad. It simply is.”
Don Draper
Ho due grandi problemi con le serie TV:
- le guardo in modo ossessivo-compulsivo finché non le ho finite
- non tolgo il cappello del consulente nemmeno quando sono sul divano e schiaccio play.
E questi due vizi mescolati ad arte hanno fatto sì che Mad Man, e il suo capitano, Don Draper, mi ricordassero 4 lezioni fondamentali nella gestione efficace delle persone.
Per chi non lo conoscesse, Mad Man è una serie televisiva prodotta dal 2007 al 2015 che adesso trovate su Prime Video.
La storia racconta delle vicende di un gruppo di impiegati e manager di una agenzia pubblicitaria nella New York degli anni Sessanta. Fumano e bevono continuamente e sembra che non lavorino mai, ma ehi, sono pur sempre dei creativi.
E questo è il motivo principale per cui intere generazioni di comunicatori e pubblicitari hanno sempre osannato Mad Man: è la storia dell’advertising, sono i tempi d’oro del consumismo e delle tresche in ufficio, con spaccati fantastici di campagne per brand noti oggi più che mai.
Ma nessuno prima si è accorto di una cosa.
Don Draper non è solo un genio creativo, è anche un ottimo leader.
Le lezioni di Leadership di Don Draper
La struttura aziendale della Sterling&Cooper, l’agenzia pubblicitaria in cui si ambienta la serie, è organizzata così:
- 2 soci
- 1 direttore creativo (Don Draper) a cui fanno a capo creativi e copy
- 1 capo del Servizio Clienti con i suoi account
- 1 responsabile dei media televisivi
Ah! E uno stuolo di segretarie (eh già).
Insomma, la gerarchia c’è e le mire di carriera pure, infatti i giovani rampanti non sono né disciplinati, né corretti, spesso pronti a farsi le scarpe a vicenda (suona familiare?).
In questo scenario di ambizione, inesperienza e discriminazione (le donne erano ancora una categoria a parte), ho trovato 4 lezioni importanti che adesso condivido con voi.
Lezione 1 | La cultura aziendale è ciò che permetti e promuovi.
Ci lamentiamo spesso che le persone in azienda si comportano male, o hanno abitudini che non approviamo, ma dobbiamo capire una volta per tutte che questo dipende solo da noi manager e responsabili: ogni volta che non interveniamo stiamo dando il messaggio che quel comportamento è accettato.
Durante una festa in ufficio alcuni giovani account stanno ridendo e prendendo in giro un membro più anziano del team. Draper sta bevendo il suo bicchiere e passando davanti a loro li sente.
Potrebbe tirare dritto, invece si ferma e li sgrida in modo chiaro e diretto per il comportamento che stanno avendo. Attenzione! Non si limita a dire loro “adesso piantatela”, fa capire che non è ammesso prendersi gioco di chi ha avuto una brutta defaillance, contestualizza l’evento e rende chiaro a tutti che non accetterà un secondo episodio.
TAKEAWAY: Se vogliamo creare la cultura aziendale che desideriamo, dobbiamo definire quali comportamenti e atteggiamenti le nostre persone devono avere ogni giorno.
Condividerle con tutti e intervenire OGNI VOLTA che qualcuno devia dalla retta via.
In questo ambito più che mai la regola è fatti, non pu****te: non basta predicare e attaccare poster motivazionali per tutta l’azienda, bisogna guidare con l’esempio e punire ogni comportamento che non accettiamo. È più impegnativo che mettere un bel quadro di una scalata con la scritta Team, lo so, ma evita che poi incolpiate i vostri dipendenti di essere poco proattivi, sempre a lamentarsi e buoni a portare problemi invece di soluzioni.
Lezione 2 | La meritocrazia vince anche sui ricatti.
In questa lezione sono ad altissimo rischio spoiler, quindi cercherò di fare la vaga sul contesto e andare dritta al punto.
Giovane rampante cerca avanzamento di carriera e usa il ricatto a Draper come tattica.
Draper ci pensa.
Valuta.
Se ne infischia e va a parlare con il socio di maggioranza con il vigliacco e lo smaschera.
TAKEAWAY: Se promuoviamo qualcuno o lo premiamo dandogli più responsabilità, scegliamo chi se lo è meritato per i risultati e per la dedizione a quella famosa cultura aziendale di cui abbiamo parlato prima.
E quando facciamo questa scelta rendiamola trasparente a tutti: in questo modo ognuno all’interno del team saprà che ottenendo quegli specifici risultati e perseguendo quella cultura, potrà ottenere lo stesso avanzamento.
Lezione 3 | Non mettere in discussione la leadership dei tuoi manager.
Questa è stata la scena che più mi ha colpita e fatta riflettere.
Sempre lo stesso vigliacco del ricatto (sì, è piuttosto ambizioso e fastidioso) fa una manovra laida alle spalle di Draper per mettersi in buona luce con i soci (ammettetelo: succede continuamente anche nei nostri uffici!).
Draper lo scopre, lo licenzia su due piedi e va con Sterling (socio) da Cooper (capo supremo) per metterlo al corrente della decisione.
La morale della favola è che se lo devono tenere e quindi il licenziamento non è un’opzione percorribile.
Ma quando Sterling (socio) va con Draper (manager) dal vigliacco, la versione che dà è che deve essere grato al suo superiore se ha ancora un lavoro, perché altrimenti sarebbe già stato alle prese con la sua scatola di cartone.
Cosa è successo? Il socio ha rispettato la leadership di Draper.
È come quando un figlio fa qualcosa che non dovrebbe e la madre lo punisce, per poi scoprire che il padre ha condonato la pena. Atteggiamenti di questo tipo rovinano una organizzazione in meno tempo di quello che impiego io a saltare la sigla di Mad Man mentre passo da una puntata all’altra.
TAKEAWAY: Leadership e gerarchie vanno rispettate.
Mi imbatto continuamente in aziende dove un dipendente “salta” il suo responsabile per andare direttamente dal titolare a fare le sue proposte o a lamentarsi. Quando accade l’unico comportamento efficace è ringraziarlo per la visita e dirgli di parlare con chi di dovere.
Lo so che avete voglia di risolvere i problemi di tutti e sentirvi dei Supereroi, ma il danno è molto più grande di quello che pensate. Tornate al punto 1 e capirete ancora meglio il perché.
Lezione 4 | Leader vs cheerleader.
Draper non si può certo considerare un simpaticone, ma alla luce dei fatti è un leader, non l’amico dei suoi dipendenti.
Essere leader significa tanto – tantissimo – allenamento, studio e disciplina. Significa anche essere un po’ soli a volte, ma poi la moneta che ci ripaga è vedere che stiamo cambiando delle vite e permettendo a delle persone di essere la miglior versione di se stesse.
Tutti alla Sterling&Cooper vogliono essere Don Draper. E se nella vostra organizzazione i dipendenti non vogliono essere come i loro responsabili e i vostri responsabili come i loro dirigenti, beh, avete un problema.
Draper è sempre coerente con la cultura aziendale (non si prendono in giro i colleghi, non si fanno sotterfugi per i propri interessi, si ottengono meriti quando si portano risultati) e non dà troppa confidenza; ma è anche pronto, quando serve, a dare il suo supporto e le sue parole di incoraggiamento a chi ne ha bisogno.
E l’incoraggiamento non è solo un banale “ma sì, dai, è dura per tutti vedrai che passa”, bensì un commento oggettivo e contestualizzato alla situazione.
TAKEAWAY: Esserci sempre, ma solo quando serve davvero. Quando siamo persone di riferimento in azienda la nostra prima preoccupazione deve essere quella di guidare con l’esempio.
Mostriamo nei fatti come bisogna comportarsi, quale atteggiamento bisogna avere e quali risultati vanno portati. Cerchiamo di avere come obiettivo a medio/lungo termine quello di essere meno operativi possibile: il focus come leader è far crescere le persone nel fare le cose bene, non farle noi perché le facciamo meglio.
È un vero e proprio lavoro, ma è solo così che ha davvero senso.
Ed è un viaggio meraviglioso (ve lo posso assicurare).
Ps. Se vi interessa il tema della leadership e del cambiamento, allora qui trovate un corso gratuito su 9 Tecniche per Facilitare il Cambiamento che per me sono state magiche nel farmi capire tanti errori che commettevo come capo – e non come leader.